« L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione. »
(Art. 1 della Costituzione Italiana)
Fino a trenta o quaranta anni fa Macerata e i borghi marchigiani pullulavano di botteghe e artigiani, dove si imparava un mestiere, lo si tramandava di generazione in generazione preservando un “sapere” prezioso e vitale. Oltre a far risuonare i rumori e gli echi dovuto al lavoro di martelli, attrezzi, lime, forbici ecc, erano inoltre anche luoghi di ritrovo e di aggregazione, dove ci si scambiavano saluti, battute e si discuteva in maniera libera e disinvolta sulla vita e su temi attuali come la politica. Erano l’anima della città, un legame civile che univa i cittadini attraverso una convivenza stretta, spontanea e forse più genuina.
Fin da piccolo ero attratto dalla luce delle botteghe, dai profumi e dai colori dei campi coltivati che Nonno mi portava a vedere nei pomeriggi estivi. Sicuramente questo ha contribuito a realizzare questo reportage che con il tempo crescerà e si arricchirà di altre persone che intervisterò e cercherò di fotografare nel loro contesto lavorativo e nelle loro quotidianità, cercando di esprimere l’essenza vera del lavoro. Di seguito trovate alcuni scatti che ritraggono alcune persone che vorrei ringraziare in ordine sparso: il calzolaio Giancarlo Bora con la sua bottega in Via Mozzi; la Famiglia Andrenelli, la sarta di Corso Cairoli, un pescatore (n.d.), il “Bottaio” Gattari, Tornilegno dei F.lli Ferranti, la Famiglia Fusari.