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Cammino dei Borghi Silenti

Il Cammino dei Borghi Silenti è un percorso di 91km ad anello che si snoda sulle pendici settentrionali dei Monti Amerini, in Umbria.

Il Cammino dei Borghi Silenti si trova in provincia di Terni e attraversa i comuni di Montecchio, Guardea, Avigliano Umbro e Baschi.I borghi attraversati sono 13, tutti tipicamente umbri e dalle caratteristiche medievali, con storie che affondano ben prima dell’anno mille.
E’ suddiviso in cinque tappe della durata di altrettanti giorni e attraversa luoghi incontaminati e borghi medievali ancora intatti: la caratteristica che lo contraddistingue è il fascino del silenzio, che dai boschi di lecci e castagni, fino alle mura antiche dei piccoli paesi, sembra abbracciare e comprendere ogni cosa.

Il percorso è situato nella parte sud occidentale dell’Umbria, in uno dei luoghi più affascinanti e meno conosciuti della regione, lontano dalle grandi mete turistiche affollate.

Il progetto, ideato dal privato MARCO FIORONI, intende promuovere e far conoscere luoghi dal sicuro fascino attraverso le fatiche degli antichi cammini, dando la possibilità di poter percorrere il suo anello anche agli amanti della mountain bike.

Dopo numeorsi cammini in Italia e all’estero, sono sempre più convinto che sia l’unico modo sano e realmente sostenibile per promuovere e far rivivere le aree interne del nostro Paese, sia quello di camminare a passo lento e respirare.

Lost in Iceland together

In un settembre stranamente caldo per le latitudini islandesi, ci siamo avventurati tra le selvagge lande e aurore boreali che solo l’Islanda può offrire, mettendo alle spalle un 2023 fatto di risultati e obbiettivi indefiniti da raggiungere. Questo viaggio penso sia servito a mettere da parte la mia anima inquieta giovanile, facendo pace con il passato e vivendo appieno il presente. Sarà un caso, ma credo che nei periodi di crisi (e questi anni troppi ne abbiamo avuti e altri ci attendono) il libro che mi ha spinto a un cambiamento radicale e un approccio maggiormente propositivo, è stato il libro dell’anno Radio 3 Fahrenheit, “La ricreazione è finita” di Dario Ferrari, che cosiglio vivamente a tutti di leggere.

Non può mancare un enorme ringraziamento al Prof. di Reykjavik Maurizio Tani per la gentilezza, l’accoglienza e l’ospitalità che ci ha riservato come solo un toscano-islandese può fare. Per non parlare del mitico fotografo di fama internazionale, il calabrase Simone Castrovillari, che ci ha accompagnato durante questo viaggio in macchina di 10 giorni, immortalando il momento fatidico in cui chiedo la mano alla mia amata Galadriel, conosciuta tra gli Alti Elfi e gli Umani con il nome di Marta Baldassarri.

Ripe San Ginesio un borgo in ripresa e resiliente

Ripe San Ginesio tra passato, presente e un futuro.

In questa serie di scatti troverete scene di vita quaotidiana con protagonisti le anime del Paese: il Sindaco, le Bariste, la Sarta, i dipendenti del Comune, l’Inglese, i Mastri Birrai, la Ceramista, l’Artista, il Ristoratore e tanti altri abitanti che animano durante tutto l’anno questo borgo alle pendici dei Monti Sibillini.

Speriamo che il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza – PNRR porti qualcosa di buono oltre alla bellissima piazza e una montagna di debito per le future generazioni.

Per tutti coloro che mancano in foto, invito a venirli a trovare e conoscere di persona tra le vie del borgo.

Ce la faremo? Chi vivrà, vedrà.

25 aprile 2023 Cammino Macerata – Montalto



Per delle coincidenze strane ed inquietanti della Storia abbiamo deciso insieme agli amici Ruben e Gianluca e mia cugina Michela di fare un piccolo cammino di due giorni, passando attraverso le trasformazioni politiche, sociali ed economiche che ha subito negli ultimi anni la nostra amata Provincia di Macerata.

Elenco solo alcuni dei numerosi motivi e dei pensieri che forse ci hanno spinto a intraprendere questo cammino di 60 km al limite delle nostre forze fisiche: il primo (e speriamo l’ultimo) governo italiano guidato dalla prima donna con il simbolo della Repubblica di Salò e il ricordo sempre vivo dell’83esimo anno dalla Liberazione dal nazismo e dal fascismo in Italia; la guerra alle porte dell’Europa tra due nazismi quello della Fortezza Europea-NATO e il regime autoriatorio nazista di Putin; l’aumento indiscrimnato della vendita di armi e di morte fino al 2% del PIL, fino alla Vittoria! (di chi? per la Partria? che cosa vuol dire Patria? che vuol dire Vittoria in guerra? e per cosa?); la morte di centinaia di migliaia di persone nel cimitero del Mar Mediterraneo, nell’indifferenza generale di tutti, il degrado e il disagio della società dei consumi e del capitalismo italiano, l’appiattimento della crtitica e del conflitto di idee e delle ideologie personali e collettive contrapposte alla narrativa del Pensiero Unico Domaninte nell’era digitale ecc…

una delle tombe dei partiginai di
Montalto di Cessapalombo

Anche questo credo sia antifascismo, opporsi con tutte le forze possibili ai nuovi fascismi contemporanei.

L’eccidio di Montalto di Cessapalombo – 22 marzo 1944

Nei primi giorni di marzo 1944, nelle colline maceratesi, durante i mesi dell’occupazione nazifascista seguiti alla dichiarazione di armistizio dell’8 settembre 1943 un folto gruppo di ragazzi, per la maggior parte originari di Tolentino, decisero di non rispondere al bando di chiamata alle armi della Repubblica Sociale Italiana e partire per la montagna per costituire una formazione partigiana.

L’eccidio di Montalto è stata una strage fascista compiuta dal 1º Battaglione M Camicie Nere “IX Settembre” il 22 marzo 1944 nell’omonima frazione del comune di Cessapalombo, in provincia di Macerata, dove vennero fucilati 31 partigiani.

«Noi siamo un paese senza memoria. Il che equivale a dire senza storia. L’Italia rimuove il suo passato prossimo, lo perde nell’oblio dell’etere televisivo, ne tiene solo i ricordi, i frammenti che potrebbero farle comodo per le sue contorsioni, per le sue conversioni. Ma l’Italia è un paese circolare, gattopardesco, in cui tutto cambia per restare com’è. In cui tutto scorre per non passare davvero.

Se l’Italia avesse cura della sua storia, della sua memoria, si accorgerebbe che i regimi non nascono dal nulla, sono il portato di veleni antichi, di metastasi invincibili, imparerebbe che questo Paese speciale nel vivere alla grande, ma con le pezze al culo, che i suoi vizi sono ciclici, si ripetono incarnati da uomini diversi con lo stesso cinismo, la medesima indifferenza per l’etica, con l’identica allergia alla coerenza, a una tensione morale».

Pier Paolo Pasolini – Scritti Corsari

Grande Anello dei Borghi Ascolani

Per riprendersi dalla frenetica e il più delle volte assurda vita quotidiana, l’unico rimedio rimane quello mettersi in cammino, verso il Sud delle Marche in compagnia degli amici.

L’itinerario escursionistico Grande Anello dei Borghi Ascolani nasce durante il lockdown del 2020, grazie all’intuizione delle guide dell’Associazione Le Marche Experience, specializzata in turismo esperienziale e programmatrice di turismo responsabile nel territorio marchigiano.
Grazie al sostegno della Regione Marche e al Comune di Ascoli Piceno si sta procedendo alla realizzazione della segnaletica verticale e orizzontale che permetterà al viaggiatore di percorrere l’itinerario in autonomia.
La tendenza al turismo lento, di ri-scoperta delle aree meno note del paese e il desiderio di attività outdoor, è un fenomeno in costante crescita negli ultimi anni.

Il progetto Grande Anello dei Borghi Ascolani si fa interprete di questi cambiamenti e sfrutta appieno le potenzialità della città capoluogo – Ascoli Piceno – quale punto di partenza e arrivo di un itinerario escursionistico di 100km tra storia e natura che unisce la città ai borghi storici dell’entroterra e valorizza le realtà più significative del territorio sotto il profilo storico, artistico e naturalistico.
Il percorso ad anello così progettato, si divide in 7 tappe della durata media di 15 km ognuna.

Per maggiori info: https://www.grandeanellodeiborghiascolani.it/

 

 

Meridiani Montagne n.58 – Monti Sibillini

Fosso dei Mergani con il versante sud-ovest del Redentore (2448m) sullo sfondo.
Fosso dei Mergani con il versante sud-ovest del Redentore (2448m) sullo sfondo.

Oggi vorrei rinnovare, a distanza di 10 anni, la volontà costante di conservazione e preservazione a livello naturalistico dei Monti Sibillini, che con gli anni ho scoperto quando mi hanno donato a livello di benessere fisico e psichico.

Pian Grande di Castelluccio di Norcia

Per ripagare tale debito, ho deciso di ricordare la pubblicazione del n. 58 di Meridiani Montagne dedicata ai Monti Sibillini (per chi volesse ne ho qualche copia da regalare) che presenta in copertina e all’interno, 4 miei scatti, selezionati all’epoca dal Dir. Marco Albino Ferrari, autore del magnifico libro “La via del lupo” uscito nel 2012. Di seguito trovate un estratto di quello che oramai è diventanta storia, appurato inoltre dall’ultimo censimento in Italia del Lupo (Canis lupus) cordinato dall’Istituto Superiore per la Ricerca e la Protezione Ambientale (I.S.P.R.A.):

All’inizio degli anni Settanta del Novecento, il lupo in Italia era pressoché scomparso. Solo pochi branchi residui venivano segnalati tra la Sila e i Monti Sibillini. Sembrava che l’estinzione fosse ormai inevitabile. Poi il vento è cambiato. Favorito dal progressivo spopolamento delle montagne, dal rilascio di animali a scopo venatorio e dall’entrata in vigore di una nuova legislazione di tutela, il lupo ha trovato le condizioni per riprodursi e rioccupare gli antichi territori. È da quel momento, ormai quarant’anni fa, che dalle vallate sopra Visso, tra Umbria e Marche, il lupo indisturbato si è messo in cammino verso nord. Il percorso seguito tra le montagne è oggi una fascia di territorio selvaggio, larga qualche decina di chilometri, che segue la dorsale appenninica. Marco Albino Ferrari ha seguito la “via del lupo”, ha ripercorso le tappe di un viaggio in luoghi marginali e misteriosi e racconta storie di uomini e animali, antiche leggende e appassionanti avventure di ricercatori, impegnati a contrastare le diffidenze (e a volte le minacce) degli allevatori danneggiati dal lupo. L’altopiano di Castelluccio di Norcia, le Foreste Casentinesi, l’Appennino Parmense, le Apuane, le Alpi Liguri, le Marittime, il Parco del Gran Paradiso, e ancora più in là, sull’arco alpino. Oggi, gli ultimi branchi sono stati avvistati in Veneto: da lì il lupus italicus si incontrerà con altri esemplari in arrivo dalla Slovenia. Un incontro atteso, che forse completerà fino in fondo la via.

Le acque de Fiume Nera

Basta che compaia un Lupo, magari in fase di erratismo giovanile, e gli interessi consolidati del territorio (come s’usa dire) non capiscono più nulla.

Ora si stimano 2.400 Lupi lungo tutto il crinale appenninico, altri 950 su tutto l’arco alpino. Circa 3.300 Lupi in tutta Italia. A metà degli anni ’70 del secolo scorso erano un centinaio. Il Lupo, lungo la Penisola, è il migliore fattore di contenimento del Cinghiale (Sus scrofa), di cui tanto si lamentano i danni all’agricoltura. La presenza del Lupo fa bene alla biodiversità, fa bene agli equilibri ecologici, fa bene anche al turismo, fa bene all’anima (per chi ce l’ha).

W il Lupo, W Cappuccetto Rosso (quella vera)…e chi non è d’accordo peste lo colga.

La via lattea sulle Lame Rosse

Circo El Grito – L’Uomo Calamita e Spazio Agreste

Grazie al Circo El Grito per aver vissuto insieme quelle che sono le nostre radici, oramai forse perdute per sempre, ovvero la vita nomade e comunitaria.

Il circo El Grito, è un circo contemporaneo all’antica/o ed esprime realmente “essere sempre in direzione ostinata e contraria”, contro quelle logiche e convezioni restrittive che la modernità cerca di imporci come normalità, implementando al contrario i valori che sono il motore della nostra civiltà ovvero la spinta creatività, la condivisione e la fantasia.

Penso che i bambini/e grandi o piccoli, che hanno avuto la possibilità di crescere con questi valori, da grandi avranno quel qualcosa in più che li renderà speciali e potranno condividere tali valori con le persone che conosceranno lungo il loro cammino.

La Repubblica Serenissima di Casali

Questa serie di scatti vuole dare un’idea di quella che è la quotidianità attuale nelle aree Sae (soluzioni abitative in emergenza) dove è nata la nuova città di Ussita, che insieme ai “migranti” delle varie frazioni limitrofe, tra cui gli abitanti di Casali, rappresentano gli ultimi abitanti rimasti a presidiare i luoghi dove sono nati. Casali è un piccolo borgo di montagna incastonato all’interno del parco Nazionale dei Monti Sibillini, che ha visto dall’inizio del secolo scorso lo spopolamento quasi totale degli abitanti e il processo di emigrazione in cerca di lavoro verso le città (Roma e costa adriatica), il tutto accelerato esponenzialmente in pochi secondi dagli effetti devastanti del terremoto nell’agosto e ottobre del 2016.

Le foto ritraggono tre abitanti di Casali per la precisione Giovanni, Renato e Sante e altri abitanti di Ussita, tutti nati e vissuti a Casali tra le valli dell’Alto Nera all’ombra del massiccio del Monte Bove. Mentre parlavamo davanti a un piatto di pasta e un bicchiere di vino sono venuti fuori numerosi ricordi grazie anche all’aiuto di scatti a pellicola: foto di inizio 900′ in cui è raffigurato il padre pastore di Sante tra le Piane di Castleluccio intento a svolgere la Transumanza; foto degli anni 60-70-80, tra cui una in particolare che ritrae Casali negli anni ’60 circondata da campi coltivati, attraverso un’attività agricola di autosufficienza esportando le eccedenze che venivano poi vendute nei mercati nei borghi vicini. Oppure il ricordo della maestra della scuola elementare di Casali (trasformata in Rifugio nel momento in cui il tasso di natalità è diminuito) che veniva dal Nord Italia, cercando di istruire i giovani scapestrati vogliosi di scorrazzare all’aria aperta. Il ricordo dell’arrivo degli americani e della Liberazione dal nazi-fascismo, del susseguirsi delle stagioni, del ritorno delle rondini, del primo ed unico telefono del paese, dell’arrivo dell’elettricità in casa, degli stupendi orti urbani, le scappatelle con le poche ragazze, del freddo d’inverno, di tutto quello che non andava e del ritmo lento con cui si facevano le cose.

Per questi e tanti altri motivi questo luogo rimane agli occhi di un estraneo estremamente affascinante, intriso di cultura e storia, fatta anche di lati negativi e non soltanto idilliaci, che purtroppo stanno scomparendo a vista d’occhio. Penso che è da qui che bisogna ripartire, oltre alla ricostruzione vera e propria, per ritrovare quello che di più essenziale sta perdendo la nostra generazione: il conseguimento della felicità.

Al di la del terremoto e degli effetti post-trauma, bisogna ripartire da quello che “era”, per vedere attraverso un orizzonte temporale medio-breve le opportunità che la Natura e le conoscenze dei “saperi antichi” possono offrire alla nostra generazione. A breve si vedrà la rinascita del Rifugio di Casali, un barlume di speranza dopo quattro anni di quasi buio totale. Sarà un approdo dove chiunque potrà fermarsi alle pendici del Monte Bove, all’ombra del grande castagno vicino alla chiesa dove poter mangiare e bere, passeggiare tra le verdi montagne e le acque cristalline della Val di Panico, con la possibilità di scorgere il volo rassicurante di un’Aquila reale, la regina dei nostri cieli. Tutto questo è possibilità fin da ora, con numerosi progetti in cantiere che contribuiranno alla rinascita negli anni di questo piccolo angolo di paradiso.

Le parole del pastorello Renato Marziali esprimono sicuramente meglio l’idea dell’amore per la “Serenissima Repubblica di Casali”.Alcune verità che credevo perse per sempre, invece le l’ho ritrovate fortunatamente tra gli abitanti e i pastori di questi luoghi, che mi hanno dato la possibilità negli anni attraverso la loro gentilezza, accoglienza e saggezza di aiutarmi a ritrovare me stesso. E direi che non è poco, visti i tempi in cui viviamo.

“Il sentiero della felicità” – Renato Marziali, Il pastorello.

Come la pecorella si è smarrita

così l’umanità perde il sentiero

per questo breve corso della vita

dove spesso si fugge col pensiero.

La tecnologia sembra infinita

dove la scienza non fa più mistero.

Così l’uomo coltiva il proprio sogno

e crede in Dio di non aver bisogno.

Perde il vero sentiero e non capisce

Il suo perchè, né della vita il senso,

né della vita a chi si riferisce,

ma solo nel piacer pone consenso

e nel bene immediato ora si agisce,

non pensando al futuro, al bene immenso,

che da Cristo Gesù ci fu promesso

e per grazia ed amor sarà concesso.

Se tornassimo un poco alla preghiera

come nostro Signor ci aveva insegnato,

come una volta alla vecchia maniera

l’uomo si è sempre a Dio raccomandato

e con speranza e con fede sincera

quel che ci occorre non ci ha mai negato.

Con amore, speranza e con la fede

preghiamo Dio che a tutto lui provvede.

E certamente ci verrà concesso

se ci affidiamo a lui nella speranza.

E nell’altà umiltà sarà il progresso

che più forza ne avremo e più sostanza.

Nella felicità faremo ingresso

e cercheremo Dio con la costanza,

poi che lo troveremo che ci aspetta

e la felicità sarà perfetta.

Finirai per trovare la Via, se prima hai il coraggio di perderti

Tiziano Terzani – “Un altro giro di giostra

“Se in quei anni di solitudine avevo imparato qualcosa, a non giudicare troppo, a non reagire secondo meccanismi soliti della ragione, a essere libero dal “conosciuto”, a sentire l’umanità come un tutto unico, a non accettare le divisioni di religione, di razza, di nazione che ci stanno portando alla rovina, questo era il momento di rendere un pò di quel che avevo preso. Sopratutto mi aveva fatto capire che non dovevo dipendere da nessuna idea altrui, da nessun guru e che di ogni cosa dovevo fare io direttamente, sulla mia pelle, l’esperienza.
Ma non occorre andare fisicamente in India, non occorre viaggiare lontano, fuori da sé, per capire. Chi muore davvero di questa sete di sapere non ha che da riscoprire la fonte, la propria fonte. L’acqua è sempre la stessa.
Vivo ora, qui, con la sensazione che l’Universo è straordinario, che niente , mai succede per caso e che la vita è una continua scoperta.”

Una cena e una notte in baita è stata un’esperienza unica che conserverò gelosamente dentro di me. Un grazie sincero alla mia ragazza Marta e al mio pastore, per avermi concesso di poter entrare anni fa, nel suo magico Regno.

Foce di Montemonaco, terra di viandanza e di alchimisti

Antoine de La Sale — Il Paradiso della Regina Sibilla, 1420.

La primavera nel Parco Nazionale dei Monti Sibillini e negli Appennini rappresenta la quintessenza dell’equilibrio secolare tra uomo e natura e ogni metro della sua terra è permeato della storia umana, così come lo sono anche i territori interni delle aree protette. Lo sappiamo, la montagna e i territori marginali, come nel caso della Fraz. Foce di Montemonaco, non hanno un peso politico, ma se nel nostro Paese il voto si basasse sulla rappresentanza territoriale e la disponibilità di risorse naturali, i popoli della montagna sarebbero invincibili in qualsiasi competizione elettorale.

Per aiutare questo processo di recupero dei territori interni e la nascita di nuove forme dell’abitare la montagna, anche l’atto di camminare può svolgere un ruolo importante, attraverso l’escursionismo giornaliero e il trekking di più giorni. Le nostre montagne custodiscono paesaggi meravigliosi, ricchi di natura, cultura storica pagana, precristiana e crisitiana. Il girovagare e perdersi in questi luoghi minimi e del silenzio hanno fatto nascere in me una sensibilità e un amore profondo per l’Appennino e per le persone che ci vivono ogni giorno.

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