Questa serie di scatti vuole dare un’idea di quella che è la quotidianità attuale nelle aree Sae (soluzioni abitative in emergenza) dove è nata la nuova città di Ussita, che insieme ai “migranti” delle varie frazioni limitrofe, tra cui gli abitanti di Casali, rappresentano gli ultimi abitanti rimasti a presidiare i luoghi dove sono nati. Casali è un piccolo borgo di montagna incastonato all’interno del parco Nazionale dei Monti Sibillini, che ha visto dall’inizio del secolo scorso lo spopolamento quasi totale degli abitanti e il processo di emigrazione in cerca di lavoro verso le città (Roma e costa adriatica), il tutto accelerato esponenzialmente in pochi secondi dagli effetti devastanti del terremoto nell’agosto e ottobre del 2016.
Le foto ritraggono tre abitanti di Casali per la precisione Giovanni, Renato e Sante e altri abitanti di Ussita, tutti nati e vissuti a Casali tra le valli dell’Alto Nera all’ombra del massiccio del Monte Bove. Mentre parlavamo davanti a un piatto di pasta e un bicchiere di vino sono venuti fuori numerosi ricordi grazie anche all’aiuto di scatti a pellicola: foto di inizio 900′ in cui è raffigurato il padre pastore di Sante tra le Piane di Castleluccio intento a svolgere la Transumanza; foto degli anni 60-70-80, tra cui una in particolare che ritrae Casali negli anni ’60 circondata da campi coltivati, attraverso un’attività agricola di autosufficienza esportando le eccedenze che venivano poi vendute nei mercati nei borghi vicini. Oppure il ricordo della maestra della scuola elementare di Casali (trasformata in Rifugio nel momento in cui il tasso di natalità è diminuito) che veniva dal Nord Italia, cercando di istruire i giovani scapestrati vogliosi di scorrazzare all’aria aperta. Il ricordo dell’arrivo degli americani e della Liberazione dal nazi-fascismo, del susseguirsi delle stagioni, del ritorno delle rondini, del primo ed unico telefono del paese, dell’arrivo dell’elettricità in casa, degli stupendi orti urbani, le scappatelle con le poche ragazze, del freddo d’inverno, di tutto quello che non andava e del ritmo lento con cui si facevano le cose.
Per questi e tanti altri motivi questo luogo rimane agli occhi di un estraneo estremamente affascinante, intriso di cultura e storia, fatta anche di lati negativi e non soltanto idilliaci, che purtroppo stanno scomparendo a vista d’occhio. Penso che è da qui che bisogna ripartire, oltre alla ricostruzione vera e propria, per ritrovare quello che di più essenziale sta perdendo la nostra generazione: il conseguimento della felicità.
Al di la del terremoto e degli effetti post-trauma, bisogna ripartire da quello che “era”, per vedere attraverso un orizzonte temporale medio-breve le opportunità che la Natura e le conoscenze dei “saperi antichi” possono offrire alla nostra generazione. A breve si vedrà la rinascita del Rifugio di Casali, un barlume di speranza dopo quattro anni di quasi buio totale. Sarà un approdo dove chiunque potrà fermarsi alle pendici del Monte Bove, all’ombra del grande castagno vicino alla chiesa dove poter mangiare e bere, passeggiare tra le verdi montagne e le acque cristalline della Val di Panico, con la possibilità di scorgere il volo rassicurante di un’Aquila reale, la regina dei nostri cieli. Tutto questo è possibilità fin da ora, con numerosi progetti in cantiere che contribuiranno alla rinascita negli anni di questo piccolo angolo di paradiso.
Le parole del pastorello Renato Marziali esprimono sicuramente meglio l’idea dell’amore per la “Serenissima Repubblica di Casali”.Alcune verità che credevo perse per sempre, invece le l’ho ritrovate fortunatamente tra gli abitanti e i pastori di questi luoghi, che mi hanno dato la possibilità negli anni attraverso la loro gentilezza, accoglienza e saggezza di aiutarmi a ritrovare me stesso. E direi che non è poco, visti i tempi in cui viviamo.
“Il sentiero della felicità” – Renato Marziali, Il pastorello.
Come la pecorella si è smarrita
così l’umanità perde il sentiero
per questo breve corso della vita
dove spesso si fugge col pensiero.
La tecnologia sembra infinita
dove la scienza non fa più mistero.
Così l’uomo coltiva il proprio sogno
e crede in Dio di non aver bisogno.
Perde il vero sentiero e non capisce
Il suo perchè, né della vita il senso,
né della vita a chi si riferisce,
ma solo nel piacer pone consenso
e nel bene immediato ora si agisce,
non pensando al futuro, al bene immenso,
che da Cristo Gesù ci fu promesso
e per grazia ed amor sarà concesso.
Se tornassimo un poco alla preghiera
come nostro Signor ci aveva insegnato,
come una volta alla vecchia maniera
l’uomo si è sempre a Dio raccomandato
e con speranza e con fede sincera
quel che ci occorre non ci ha mai negato.
Con amore, speranza e con la fede
preghiamo Dio che a tutto lui provvede.
E certamente ci verrà concesso
se ci affidiamo a lui nella speranza.
E nell’altà umiltà sarà il progresso
che più forza ne avremo e più sostanza.
Nella felicità faremo ingresso
e cercheremo Dio con la costanza,
poi che lo troveremo che ci aspetta
e la felicità sarà perfetta.